Lavandaie e acquaiole, due mestieri che le donne di Livorno hanno svolto per moltissimo tempo, dando un contributo fondamentale alla sana condotta quotidiana legata all’acqua, elemento primario di benessere, salute e igiene, soprattutto in tempo di epidemie. Il loro lavoro umile non è mai passato inosservato, rimanendo impresso nell’immaginario e persino in qualche locuzione linguistica. Il detto Viaggio d’acqua indicava il trasporto di barili della capacità di 40 litri che dai carretti venivano trasportati a mano su per le scale o fino ai portoni delle case dalle acquaiole, per portare acqua pulita nelle case, prive di ogni impianto idrico. Uno dei mestieri più faticosi tra quelli femminili, le acquaiole donne vigorose, risolute e spesso rissose che facilmente potevano azzuffarsi intorno alle fontane per questioni di precedenza a colpi di zoccoli e grida. Una bella incisione ottocentesca ritrae un gruppo di donne accapigliate intorno al Monumento a Ferdinando I, detto dei Quattro Mori. Un altro mestiere dell’acqua era quello delle lavandaie riservato esclusivamente alle donne, spesso alle orfane e trovatelle, associato in molti casi a quello delle levatrici. A Livorno esistevano 52 lavatoi pubblici, quelli più noti, andati distrutti nell’ultima guerra, si trovavano nei pressi della Fortezza Nuova in una strada detta Via dei Lavatoi, così come nei pressi del Cisternone dove esiste ancora oggi il Vicolo delle Lavandaie.
«La gran sera era finalmente venuta. Gli affreschi delle pareti e delle volte nel Caffè erano ormai compiuti, i pannelli erano stati attaccati, con le loro cornici, ai pilastri. Tutto intorno era un gran luccicare di vernice fresca», così Ettore Serra descrive l’inaugurazione, nel 1911, della sala del Caffè Bardi con le opere degli artisti del “cantuccio di sinistra”: Romiti, Natali, Benvenuti, Michelozzi, Mario Puccini, Gastone Razzaguta, trasformarono la sala del Caffè Bardi in una esposizione permanente di arte labronica, il manifesto artistico dei successori di Giovanni Fattori. Nel Palazzo Taddeoli all’angolo fra via Cairoli e via Cavour, già di pasticceri svizzeri, il locale, rilevato nel 1908 da Ugo Bardi, fu ritrovo per artisti e letterati. A pochi passi dalla “spalletta” dei Fossi dove gli artisti amavano sostare, divenne un vero e proprio porto di mare dove non era raro incontrare il compositore Pietro Mascagni, il commediografo Dario Niccodemi o Amedeo Modigliani. In questo locale nacque il dibattito sugli sviluppi culturali della città: dal progetto di una Casa dell’Arte con sede al Cisternino, alla guida di Livorno, alla redazione della rivista estiva “Niente Dazio?”. Quando, nel 1920, morì Mario Puccini gli artisti della branca si mobilitarono per chiedere l’inumazione nel Famedio di Montenero per colui che consideravano il vero erede di Fattori, e, scontrandosi con gli altri componenti della Federazione Artistica Livornese, si costituirono in un gruppo: il tempo del Caffè Bardi volgeva a termine ma una nuova stagione artistica si apriva con il Gruppo Labronico, fondato dai “pucciniani” il 15 luglio 1920. Nel 1921 il palazzo del Caffè Bardi venne acquistato dal Banco di Roma, il locale chiuse per sempre e tutti gli arredi e gli oggetti artistici furono venduti all’asta.
BIBLIOGRAFIA
Serra Ettore, Vita di giovine artista, Livorno : Belforte, 1913
Pierleoni Michele, Mario Puccini al Caffè Bardi, incontri artistici e culturali nella Livorno di inizio Novecento, in Il Caffè Bardi di Livorno (1909 – 1921) le arti all’incontro, Bandecchi e Vivaldi, Pontedera 2008
Caffè Bardi, Disegno di Benvenuto Benvenuti, 1912
La storia della Torre Nuova, detta poi del Marzocco, ci porta indietro nel tempo fino al XV secolo, a quando la costa labronica era scenario di battaglie e l’antico Porto Pisano – conteso per la sua strategica posizione – si stava ormai interrando. Fu edificata dalla Repubblica fiorentina dopo che questa aveva acquistato Livorno dai genovesi, detentori del potere sul porto toscano dal 1407 fino al 1421. Costruita sui resti dell’antica Torre Rossa, si suppone che il progetto appartenesse al celebre scultore e architetto Lorenzo Ghiberti secondo la testimonianza riportata da G. T. Tozzetti, il quale trova somiglianze tra un disegno del Ghiberti e il Marzocco. Anche se la paternità del progetto non è confermata, resta affascinante il suo forte legame con la celebre Torre dei Venti di Atene. Evidenti sono le analogie con la torre ateniese: entrambe a pianta ottagonale rivestite di marmo bianco presentano sulle otto facce marmoree i venti scolpiti in bassorilievo, formando un bellissimo fregio, mentre in cima alla cuspide era fissata una banderuola che ruotava in base al vento. Il nome Marzocco deriva proprio dalla forma della sua antica banderuola: un leone rampante di rame dorato, perduto nel 1737 a causa di un fulmine. Oggi la torre non è visitabile al suo interno ed è inglobata nel complesso del porto industriale, ma la sua imponente bellezza viene citata da molti cronisti ed elogiata da sempre come uno tra i monumenti simbolo della città labronica.
BIBLIOGRAFIA
G. Targioni Tozzetti, Relazione di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana, Firenze 1751
Francesco Guicciardini, Istoria d’Italia di Francesco Guicciardini, Firenze 1803
Il Museo di Storia Naturale di Livorno a domicilio. In collaborazione con Coop Itinera. “A casa giocando s’impara”: nell’orto tra ninfee e arte Attività per bambini dai 5 ai 10 anni
Proseguono gli appuntamenti per bambini nell’ambito della rubrica on line A casa giocando s’impara. Domenica 5 aprile faremo una passeggiata nell’orto del Museo di Storia Naturale andando a scoprire alcune piante tipiche dell’area Mediterranea ed in particolare la più curiosa, la ninfea, l’elegante e raffinata pianta acquatica, che ha ispirato tra l’altro molti quadri del celebre pittore impressionista Claude Monet. I suoi quadri saranno il punto di partenza per realizzare insieme una vera e propria opera d’arte ispirata alle sue famosissime Ninfee. Ci accompagneranno in questo percorso Silvia e Valeria.
Alla fine dell’800 in Italia, il mestiere di birraio era svolto da pochissimi imprenditori vista la dominante cultura vinicola. Ancora di più lo era in regioni come il Piemonte, patria di vini pregiati. Forse questo fu il motivo che indusse il giovane Giuseppe De Giacomi a trasferirsi a Livorno e rilevare, nel 1892, la vecchia Birreria Kieffer. A quella data si trattava di un piccolo laboratorio artigiano con annesso locale per il consumo posto nel quadrilatero formato dalla Via Mentana, Via de Lardarel, Via Sproni e Via Chiellini. Da qui ha inizio la storia della fabbrica di Birra De Giacomi che ebbe un grande sviluppo fino al 1939, anno in cui l’intero complesso fu acquisito dalla Società Birra Peroni. Per la produzione della birra si utilizzava l’acqua che si trovava in abbondanza proprio sotto lo stabilimento, canalizzandola direttamente dalla sorgente agli impianti produttivi. Gli anni della guerra si abbatterono sugli impianti in maniera devastante danneggiando gli edifici produttivi che furono ricostruiti e ampliati riprendendo la corsa produttiva fino a raggiungere i 70.000 ettolitri nel 1963. L’emergere di stabilimenti più all’avanguardia e l’ubicazione dell’impianto nel centro città unitamente all’impossibilità di poter ampliare le unità produttive determinò il lento declino della Birreria livornese, che chiuse i battenti nel 1979, lasciando un segno forte e indelebile nella storia e nella cultura della città.
Stabilimento Birra De Giacomi Reparto imbottigliamento
Undici voci per sei viaggi. E’ questa l’iniziativa di audio-racconto “A VOCEALTA Un Viaggio Sentimentale”, ideata da Coop Itinera, che potremo ascoltare da mercoledì 1° aprile, attraverso undici interpretazioni audio dal volume omonimo scritto, un paio di anni fa, da Simone Lenzi: un viaggio compiuto dall’autore nelle cinque regioni (Corsica, Toscana, Liguria, Sardegna e Var, nel sud della Francia) coinvolte nel progetto europeo INTERREG marittimo. Undici voci narranti, di attrici e attori livornesi, rappresentanti della cultura di questa città, che hanno aderito con passione all’iniziativa, mettendo a disposizione gratuitamente la loro sensibilità artistica per alleggerire questi momenti di isolamento; con l’idea che l’arte, e l’arte della narrazione in particolare, rappresenta una risorsa fondamentale per sentirsi uniti anche se distanti. Il risultato del lavoro, coordinato per Itinera da Laura Giuliano e per la parte organizzativa da Carlo Neri e curato in postproduzione e montaggio da Franco Checchi, rappresenta in modo acusticamente tangibile le problematicità che anche il mondo artistico sta soffrendo in questo momento. La distanza obbligata, la registrazione necessariamente “casalinga” fatta al cellulare con semplici cuffie, l’impossibilità di eliminare i rumori d’ambiente, segnano ancor di più il valore dell’operazione in questo momento storico. L’introduzione del 1° aprile, e i successivi riquadri interni delle località, sono affidate a Carlo Neri e quindi si avvicenderanno, Elena De Carolis e Gabriele Benucci ad accompagnare l’ascoltatore attraverso il Var, la provincia francese che si affaccia sulla Costa Azzurra; sarà poi il turno di Silvana Cocorullo e Claudio Marmugi che ci faranno attraversare i paesaggi mozzafiato della Liguria, quindi Eleonora Zacchi e Riccardo De Francesca per il viaggio attraverso la nostra Toscana che partirà l’11 aprile a seguire Isabella Cecchi e Luca Salemmi a dare voce al viaggio attraverso la Sardegna e infine, con il racconto della Corsica, Laura Cini ed Emanuele Barresi a chiudere il 18 aprile questo “Viaggio Sentimentale”. E’ grazie alle loro bellissime voci che ognuno di noi potrà, almeno per qualche minuto, “uscire e viaggiare” dalle quattro mura della propria casa alla scoperta di luoghi suggestivi ricchi storia e tradizione. I contenuti audio, resi disponibili tramite podcasting, saranno fruibili liberamente per mezzo di computer, tablet o smartphone. Ogni episodio sarà pubblicato sul blog di Itinera e sulla pagina Facebook della cooperativa.
Nei secoli passati, Livorno è stata luogo di raccolta e residenza di persone provenienti da diverse nazioni ed è proprio qui che una festa molto sentita come il Carnevale ha assunto un aspetto del tutto peculiare. I festeggiamenti coinvolgevano principalmente le classi sociali di ceto medio basso oltre che gli equipaggi delle navi straniere che, proprio nel periodo carnevalesco, arrivavano numerose in porto. Qualunque giorno e qualsiasi notte diventavano un’occasione per festeggiare con balli, danze, giochi e rappresentazioni teatrali; mentre i banchetti si trasformavano in un vero e proprio rito collettivo, al punto che cibo e mangiate costituivano l’elemento fondante del Carnevale livornese. In questi giorni di festa le maschere imperversavano: parodie di personaggi illustri, imitazioni di famosi poeti e maschere collettive oltre quelle caratteristiche della città come “la divinità marina”, “la puce” o “i mori”. La più antica e caratteristica maschera cittadina era probabilmente quella del pescatore chiamato dai livornesi “Mangia uno-mangia due”. I suoi attributi erano un camiciotto corto, marrone e arruffato, un cappuccio appuntito e una canna da pesca alla quale venivano appese delle roschette a mo’ di esca: le persone dovevano tentare di rubarle al pescatore senza usare le mani, afferrandole con la bocca come fanno i pesci. Durante i corsi mascherati dei carri, che si svolgevano nella via Grande, il popolo si cimentava nella diffusa pratica del lancio dei confetti. Ma se in altre città si era soliti usare confetti di gesso o piselli, nella ricca Livorno le praline erano proprio di zucchero: un segno di abbondanza e, al tempo stesso, di approvazione tangibile verso la rappresentazione carnevalesca. Purtroppo la crisi che investì tutta la città alla fine del XIX secolo non risparmiò nemmeno il rumoroso carnevale livornese che progressivamente andò ridimensionandosi fino a diventare, nel corso del ‘900, soltanto un lontano ricordo.
Il Museo di Storia Naturale di Livorno a domicilio “A casa giocando s’impara”: scopriamo i dinosauri Attività per bambini dai 6 ai 10 anni
I dinosauri da sempre affascinano piccoli e grandi. Che cosa sappiamo del loro aspetto? Marco ci racconta alcune curiosità sulle loro caratteristiche e ci spiega come realizzare una divertente e semplice attività di laboratorio da fare a casa.
Un Viaggio Sentimentale. Identità culturali nel cuore del Mediterraneo.
In tempi di #iorestoacasa, si moltiplicano le iniziative per rompere l’isolamento che, non è solo fisico, ma anche sociale e culturale. La Coop Itinera risponde con un’originale opportunità patrocinata dal Comune di Livorno, dal titolo #culturadomicilio con la quale continuare a viaggiare e scoprire luoghi originali e inediti, tradizioni e identità del nostro territorio e di altri, ora accomunati dalla stessa condizione. Si tratta delle regioni Sardegna, Corsica, Liguria e Var, nel sud della Francia, che insieme con la Toscana costituiscono l’area di cooperazione su cui insiste il programma europeo Interreg, Italia-Francia “Marittimo” 2014 – 2020. A VOCEALTA #culturadomicilio è una iniziativa che dà continuità alla recente presentazione di un “romanzo” di Viaggio dal titolo “Un viaggio Sentimentale, identità culturali nel cuore del Mediterraneo”, scritto dall’autore Simone Lenzi ed edito nell’ambito del progetto Interreg S.MAR.T.I.C., di cui Itinera è stata capofila. Il testo è un racconto di viaggio fuori stagione nelle cinque regioni, alla scoperta di destinazioni fuori dai circuiti turistici tradizionali, luoghi dell’identità, di valore storico, artistico, culturale e paesaggistico, dove apprezzare il ritmo della vita della comunità locale e condividerne gli spazi comuni come musei, piazze, mercati, ristoranti, quartieri, botteghe. Luoghi carichi di storia e di tradizione che esprimono valori di sostenibilità ambientale, sociale e culturale, principi fondamentali per lo sviluppo di un turismo di qualità, sempre più apprezzato e ricercato dal “viaggiatore consapevole”. I luoghi delle cinque regioni descritte nel volume prendono vita in sei audio racconti, rivelando via via identità sconosciute fatte di paesaggi, personaggi, cultura, tradizioni gastronomiche e artigianato. Dai paesi del Var, alla Liguria, dalla Toscana, alla Sardegna e infine alla Corsica, questi racconti permettono un viaggio di cultura virtuale pensato ad uso di turisti e viaggiatori consapevoli e attenti alla sostenibilità. A VOCEALTA Un Viaggio Sentimentale offre una alternativa e momentanea occasione di turismo culturale, proponendo un virtual tour da casa, attraverso l’ascolto di storie di luoghi speciali, unici e ricchi di identità, tutti da scoprire attraverso l’ascolto. Ci piace pensare che questa iniziativa e questo viaggio prendano il via proprio da Livorno, città tradizionalmente tollerante e aperta, che anche e soprattutto in questo momento difficile unisce i territori dell’area di cooperazione attraverso il mare.
Sono undici le voci che danno corpo al racconto di Simone Lenzi, tutti attori e attrici livornesi, rappresentanti della cultura di questa città, che hanno aderito con passione all’iniziativa, mettendo a disposizione, gratuitamente, la loro sensibilità artistica per alleggerire, questi momenti di isolamento, con l’idea che l’arte, e l’arte della narrazione in particolare, rappresenta un’importante risorsa per sentirsi uniti anche se distanti.
A VOCEALTA “Un Viaggio sentimentale, identità culturali al cuore del Mediterraneo”
Con le voci di:
Emanuele Barresi
Gabriele Benucci
Isabella Cecchi
Laura Cini
Silvana Coccorullo
Elena De Carolis
Riccardo de Francesca
Claudio Marmugi
Carlo Neri
Luca Salemmi
Eleonora Zacchi
Data uscita pubblica
Titolo
Voci
1 aprile
Un Viaggio sentimentale. Viaggio d’inverno.
Carlo Neri
4 aprile
Francia. Nel Var.
Giulio Graziani, Elena De Carolis, Gabriele Benucci, Carlo Neri
Eleonora Zacchi, Riccardo De Francesca, Carlo Neri
15 aprile
In Sardegna
Isabella Cecchi, Luca Salemmi, Carlo Neri
18 aprile
In Corsica
Laura Cini, Emanuele Barresi, Carlo Neri
22 aprile
Gli attori si presentano
Tutte le voci
I contenuti, resi disponibili tramite podcasting, saranno fruibili liberamente da qualsiasi utente dotato di un dispositivo connesso ad internet (computer, tablet o smartphone). Ogni nuovo episodio verrà pubblicato sul blog della Coop Itinera e sulla sua pagina Facebook. Gli iscritti alla newsletter culturale della Coop Itinera riceveranno inoltre una comunicazione via e‑mail il giorno della pubblicazione.
Il progetto è coordinato dalla Coop Itinera con la collaborazione dei partner del progetto SMARTIC
Percy Bysshe Shelley (1792 – 1822) tra i più celebri poeti inglesi e lirici romantici, scelse di trascorrere molta parte della sua vita in Italia, in particolare a Napoli, Pisa e Livorno dove soggiornò ben tre volte tra cui anche nel 1822, anno della sua tragica morte in mare. Shelley intraprese un grand tour in Italia dal 1818 che lo condusse fino alla nostra città, in compagnia delle seconda moglie Mary Wollstonecraft Godwin. In quegli anni molti intellettuali si fermavano a Livorno: qui risiedeva una vasta comunità di Inglesi, membri della British Factory e si potevano trovare aria buona e libri a volontà. Come sottolinea la contessa di Blessington, amica di Lord Byron “la possibilità di ricevere libri e altri generi di conforto dall’Inghilterra, attraverso Livorno, che è un porto franco, la raccomanda moltissimo”. Gli Shelley giunsero per la prima volta a Livorno il 10 maggio 1818 e la prima impressione che il poeta ebbe della nostra città non fu delle migliori; egli infatti cercava un luogo dove poter trovare quiete e solitudine che si adattassero al suo spirito sognatore, e il chiasso di quello che al tempo era un fiorente porto in cui ferveva l’attività commerciale e marittima certo non lo accontentò. Eppure qualcosa in lui lo portò a legarsi nel profondo con la città. Nella metà di giugno del 1819, dopo aver soggiornato all’Aquila Nera, rinomato albergo dell’epoca lungo gli scali d’Azeglio, gli Shelley si trasferirono a Villa Valsovano, situata in un podere in Via Valsovano (attuale Via del Fagiano). Nella villa il poeta aveva trovato il rifugio ideale dalla quale diceva di poter vedere, da un lato il mare con le sue isole Gorgona, Capraia, Elba e Corsica, dall’altro lato gli Appennini; compose qui la tragedia “The Cenci”. Fu proprio in questo soggiorno che Shelley cominciò ad amare la bellezza della natura livornese che celebrò successivamente nell’ode “To a Skylark”. Nel 1822 dopo una permanenza di tre giorni nella nostra città, durante una traversata in mare, la barca dove viaggiava fu travolta da una tempesta e Shelley perse la vita. Il suo corpo fu ritrovato 10 giorni dopo a Viareggio. Per un’ironica coincidenza, sulla spiaggia di Viareggio, insieme al suo corpo, fu ritrovato il suo ultimo poema “The Triumph of Life” (Il Trionfo della Vita) scritto proprio sulla barca che lo portò alla morte. Shelley è celebre per aver scritto opere da antologia quali “Ozymandias”, “l’Ode al vento occidentale”, “A un’allodola”, e “La maschera dell’anarchia”, ma quelli che vengono considerati i suoi capolavori furono i poemi narrativi come il “Prometeo liberato” e “l’Adonais”.
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