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Categoria: #itineraracconta

A proposito di Labirinti

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Solo un anno fa, pro­prio nel mese di set­tem­bre ci lascia­va Fran­co Maria Ric­ci, edi­to­re e col­le­zio­ni­sta d’arte di fama inter­na­zio­na­le. Per chi ha avu­to occa­sio­ne di segui­re le sue impre­se ed idee arti­sti­che, si sarà accor­to che ave­va dedi­ca­to anni di vita all’idea del labi­rin­to, que­sto segno uni­ver­sa­le che attra­ver­sa la sto­ria dell’umanità, ma il cui signi­fi­ca­to pre­ci­so sfug­ge alla mag­gior par­te del­le per­so­ne. Ne ave­va con­get­tu­ra­to e favo­leg­gia­to col il suo fida­to col­la­bo­ra­to­re Jor­ge Luis Bor­ges, teo­ri­co e stu­dio­so di labi­rin­ti tra le altre cose, duran­te lun­ghi sog­gior­ni ami­ca­li che l’argentino tra­scor­re­va nel­la sua resi­den­za di campagna.

Per que­sto nel 2015 dopo lun­ghi stu­di e rifles­sio­ni F.M. Ric­ci deci­de di abban­do­na­re l’idea del labi­rin­to per pas­sa­re alla costru­zio­ne di un vero labi­rin­to, che acca­rez­zi la sem­bian­za di uno anti­co ma che in veri­tà sia feli­ce­men­te moder­no, mae­sto­so e bene­vo­lo per chi lo attra­ver­sa. Attual­men­te il più gran­de d’Europa, è sicu­ra­men­te uno dei più bel­li mai costrui­ti, lus­su­reg­gian­te nel ver­de del­le sue pian­te di bam­bù, ario­so nei via­let­ti che lo compongono.

Si chia­ma il Labi­rin­to del Maso­ne e si tro­va a Fon­ta­nel­la­to nel bel mez­zo del­la pia­nu­ra pada­na, appe­na fuo­ri Fiden­za. L’area su cui è sta­to costrui­to è libe­ra da altre costru­zio­ni, intra­ve­der­lo anche dal­la stra­da con un ver­de acce­so dei bam­bù e la pun­ta del­la pira­mi­de che com­ple­ta il per­cor­so del labi­rin­to dà un gran­de effet­to di mera­vi­glia. Men­tre si per­cor­ro­no i suoi via­let­ti ci si accor­ge che è inte­ra­men­te rea­liz­za­to con pian­te di bam­bù, ma mol­to dif­fe­ren­ti l’una dall’altra tan­to che se ne pos­so­no con­ta­re fino a ven­ti spe­cie diver­se e alte dai 30 cm ai 15 metri di altez­za. Il bam­bù è qui uti­liz­za­to al posto del­la pian­ta di bos­so, la più adot­ta­ta nei seco­li in par­chi e giar­di­ni come pian­ta in gra­do di tra­sfor­mar­si nel­le for­me più bizzarre.

La distan­za col pas­sa­to non è fini­ta. Infat­ti il Labi­rin­to per anto­no­ma­sia, quel­lo di Minos­se, era una pri­gio­ne e tut­ti i labi­rin­ti nei seco­li a veni­re han­no sem­pre man­te­nu­to que­sta ten­den­za al miste­ro, alla per­di­zio­ne e allo smar­ri­men­to . A Maso­ne inve­ce si pas­seg­gia, si fa una sosta, si riflet­te seden­do­si su una pan­chi­na e sen­za ave­re real­men­te l’impressione di esser­si per­du­ti. Lo spic­chio di cie­lo è ampio sopra la pro­pria testa, la pun­ta del­la pira­mi­de fa da faro e rife­ri­men­to. Intor­no al Labi­rin­to Fran­co Maria Ric­ci, come a com­ple­ta­re la sua ope­ra, ha lascia­to visi­ta­bi­le al pub­bli­co la sua col­le­zio­ne d’arte, la sua per­so­na­le biblio­te­ca e l’Archivio con tut­te le sue pre­sti­gio­sis­si­me edi­zio­ni, un caf­fè e un bistrot per con­sen­ti­re visi­te più lun­ghe e gradevoli.

Se que­sto labi­rin­to è sta­ta pen­sa­to e crea­to dall’editore emi­lia­no come rega­lo per tut­ti, soli­ta­men­te i labi­rin­ti era­no inve­ce luo­ghi riser­va­ti a pochi, luo­ghi di riti­ro dove ‘puri­fi­car­si’ attra­ver­san­do un per­cor­so che risto­ras­se, resti­tuen­do equi­li­brio e benes­se­re psi­co­fi­si­co. Alme­no nel­le vil­le rina­sci­men­ta­li e baroc­che, in Ita­lia così numerose.

Non trop­po distan­te da Fon­ta­nel­la­to ci sono in Vene­to altri deli­zio­si labi­rin­ti nei par­chi di splen­di­de resi­den­ze, a Vil­la Bar­ba­ri­go sui Col­li Euga­nei e a Vil­la Pisa­ni nel­la pro­vin­cia veneziana.

Quel­lo sui Col­li Euga­nei è un labi­rin­to sei­cen­te­sco, attraen­te e fasci­no­so per­ché immer­so in un giar­di­no dove ogni sta­tua o gio­co d’acqua fa par­te di un per­cor­so di puri­fi­ca­zio­ne per il visi­ta­to­re. I com­mit­ten­ti di que­sto pic­co­lo mon­do ver­de, i signo­ri Bar­ba­ri­go, era­no pos­si­den­ti di vastis­si­mi ter­ri­to­ri e costrui­ro­no vil­la e giar­di­no come voto per scon­fig­ge­re la peste del 1630. Tut­to il par­co quin­di rispon­de ai cano­ni di bel­lez­za idea­le e di pote­ri sal­vi­fi­ci e fon­ta­ne, scul­tu­re, via­lett­ti e labi­rin­to sono un’ascesa di catar­si. Sei­mi­la pian­te di bos­so, alcu­ne anti­che di 400 anni, rag­giun­go­no l’estensione degli 8000 metri qua­dra­ti del gran­de labi­rin­to. Una via d’acqua che arri­va da Vene­zia è l’ingresso del Padi­glio­ne di Dia­na che por­ta al Labi­rin­to e lì il visi­ta­to­re può facil­men­te per­der­si, per­ché sei dei vico­li sono cie­chi come sei sono i vizi capi­ta­li. Ideal­men­te chi supe­ra i sei vico­li cie­chi può sali­re sul­la bel­la tor­re cen­tra­le, da cui si gode la vista sull’intero labi­rin­to per ren­der­si con­sa­pe­vo­le del giu­sto per­cor­so fat­to e dun­que del suo ruo­lo nel­la vita. Nel­le nume­ro­se vil­le anti­che dis­se­mi­na­te per tut­ta la peni­so­la sono diver­si i labi­rin­ti di que­sto tipo, men­tre in Sici­lia ne tro­via­mo uno com­ple­ta­men­te diver­so. Svet­ta su una col­li­na, un ros­so rosa­to che inter­rom­pe la cro­mia di ver­se dell’intera val­la­ta, cir­co­la­re nel­la sua perfezione.

Biso­gna arri­va­re al pae­si­no arroc­ca­to di Castel di Lucio, nel­la pro­vin­cia mes­si­ne­se. Nel 1990 l’artista Ita­lo Lan­fre­di­ni rein­ter­pre­ta l’idea del labi­rin­to rea­liz­zan­do­ne uno che ricor­da nel­le for­me il ven­tre mater­no. Il cal­ce­struz­zo è il mate­ria­le con cui è fat­to ed è l’ultima tap­pa di un per­cor­so dif­fu­so di Land Art dal nome Fiu­ma­ra d’arte, uno dei par­chi d’arte più gran­di d’Europa.

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Testo di Fede­ri­ca Falchini

Villa Celle e le sue meraviglie

Villa Celle

La col­le­zio­ne d’arte ambien­ta­le idea­ta e volu­ta con amo­re e impe­gno da Giu­lia­no Gori pren­de for­ma uffi­cial­men­te il 12 giu­gno 1982. Lascia­no la fir­ma su quest’avventura tan­ti arti­sti, ita­lia­ni e inter­na­zio­na­li. Mim­mo Pala­di­no, Gil­ber­to Zorio, Fau­sto Melot­ti, Miche­lan­ge­lo Pisto­let­to, l’americano Robert Mor­ris, teo­ri­co del­la Mini­mal Art, Daniel Buren, Sol LeWitt, Jean-Michel Folon e mol­tis­si­mi altri.

Un luo­go magi­co, una sor­ta di pae­se dei baloc­chi per chi ama l’arte e in par­ti­co­la­re quel­la che incon­tra la natu­ra. Un luo­go dove idee e sogni han­no pre­so la for­ma di ope­re arti­sti­che e dove il solo impe­ra­ti­vo da segui­re è quel­lo di lascia­re fuo­ri il nostro traf­fi­co quo­ti­dia­no dai con­fi­ni fisi­ci del­lo spa­zio che ci sta per incantare.

Vil­la Cel­le con le sue set­tan­ta ope­re d’arte ambien­ta­li rispon­de alle dina­mi­che del­l’u­to­pia e del­la mera­vi­glia. Asso­mi­glia ad una favo­la, che ha avu­to il suo prin­ci­pe in Giu­lia­no e Pina Gori, una cop­pia di impren­di­to­ri inna­mo­ra­ti del­l’ar­te, del bel­lo e del­l’a­mi­ci­zia e che con que­sti sen­ti­men­ti han­no per decen­ni invi­ta­to arti­sti a Cel­le da ogni dove. Con loro han­no par­la­to, festeg­gia­to, pro­get­ta­to e con­di­vi­so un uni­co pro­get­to, tra­sfor­ma­re una lus­suo­sa vil­la resi­den­zia­le in un luo­go d’ar­te. Andy Warhol, Chri­sto e Jean­ne-Clau­de pas­sa­no di qui, Niki de Saint Phal­le e l’ec­cen­tri­co mari­to Jean Tinguely.

Alla fine degli anni ’70 Giu­lia­no acqui­sta la Vil­la Cel­le e il suo immen­so par­co per dare for­ma ai suoi sogni. Da allo­ra nel­la vil­la e nel suo par­co è sta­to fino a pochi anni fa, un alter­nar­si di sog­gior­ni, even­ti, per­for­man­ce, sera­te festo­se, incon­tri e scon­tri tra arti­sti che qui si sono cono­sciu­ti per la pri­ma vol­ta, pas­sa­ti insie­me all’insegna del­la bel­lez­za e dell’arte.

Per chi arri­va oggi a Cel­le dà il ben­ve­nu­to una bel­la scul­tu­ra di Alber­to Bur­ri del 1986, un gran­de fer­ro vaga­men­te cir­co­la­re di un ros­so minio che svet­ta sul pia­no ver­de del prato.

La pas­seg­gia­ta nel par­co si alter­na nei sali scen­di di ter­ra­pie­ni e via­let­ti, ampi pra­ti e laghet­ti, nel luc­ci­chio metal­li­co del­le ope­re di Fau­sto Melot­ti o di Loris Cecchini.

Tra quel­le più enig­ma­ti­che del par­co c’è sicu­ra­men­te quel­la di Clau­dio Par­meg­gia­ni e Robert Mor­ris, Melan­co­lia II. I due arti­sti han­no volu­to nel par­co un can­ne­to di diver­se pian­te di bam­bù e diste­so sul ter­re­no han­no ada­gia­to gran­di scul­tu­re di mar­mo che rap­pre­sen­ta­no tut­ti gli ogget­ti più signi­fi­ca­ti­vi del­la cele­bre inci­sio­ne cin­que­cen­te­sca di Albre­cht Durer, Melencolia.

Di mar­mo è anche il labi­rin­to che l’a­me­ri­ca­no Robert Mor­ris lascia a Vil­la Cel­le. Un gigan­te­sco trian­go­lo di mar­mo alto due metri e mez­zo, bian­co e ver­de, sca­va­to al suo inter­no è il labi­rin­to-gio­co dove perdersi.

Mar­mo e metal­lo, accia­io e otto­ne, bron­zo, sono i mate­ria­li che mag­gior­men­te abi­ta­no il ver­de ambien­te di Cel­le, ma anche vetri dal­le cro­mie fluo ina­spet­ta­te col­pi­sco­no lo sguar­do del visitatore.

Nel 2005 arri­va a Cel­le lo scul­to­re fran­ce­se Daniel Buren, cele­bre per la sua gal­le­ria di cer­chi colo­ra­ti rea­liz­za­ti per Monu­men­ta 2012 al Grand Palais di Pari­gi. Qui nel gran­de par­co tosca­no gio­ca anco­ra con cam­pi­tu­re di colo­ri mol­to acce­si e con la tra­spa­ren­za. Il rifles­so degli spec­chi aumen­ta e dimi­nui­sce i volu­mi del­le sue quat­tro gran­di stan­ze, siste­ma­te su una radu­ra semi­na­sco­sta nell’attesa di sor­pren­de­re e disorientare.

Nel mez­zo del­la vege­ta­zio­ne for­me e mate­ria­li con­tem­po­ra­nei, figli del­la nostra era urba­niz­za­ta, abi­ta il par­co di Cel­le. Ma c’è anche la sor­pre­sa di tro­va­re ope­re rea­liz­za­te solo con la natu­ra stes­sa e i suoi ele­men­ti. I Cer­chi nel gra­no di Alain Son­fi­st sono que­sto. Anel­li in suc­ces­sio­ne nar­ra­no la sto­ria del pae­sag­gio urba­no. Al cen­tro di un’o­pe­ra cir­co­la­re si tro­va­no le pian­te autoc­to­ne tosca­ne, pro­tet­te da un anel­lo di rami fusi in bron­zo, poi un anel­lo di allo­ro, poi di timo che nasce spon­ta­nea­men­te dall’alloro, poi un anel­lo di gale­stro, la pie­tra ‘bene­det­ta’ per la pro­du­zio­ne vino tosca­no, infi­ne uli­vi e gra­no. Arte ambien­ta­le all’ennesima poten­za, arte nuda che nasce magi­ca­men­te solo dall’unione di idea e natura.

La Vil­la non è mai diven­ta­ta museo, come nel­la volon­tà dei padro­ni di casa, ma un luo­go dove gli arti­sti s’incontrano e dove nasco­no idee, una fab­bri­ca di idee e di bel­lez­za, un labo­ra­to­rio interdisciplinare.

Gli arti­sti che si sono suc­ce­du­ti negli anni han­no tro­va­to in Giu­lia­no Gori un mece­na­te fuo­ri dai suoi tem­pi con­tem­po­ra­nei, un com­mit­ten­te atten­to in gra­do di inne­sca­re sti­mo­li fer­ti­li, tal­vol­ta for­te­men­te dialettici.


Testo di Fede­ri­ca Falchini

Arte e Natura non sono stati mai così vicini

#itineraracconta

Mai come in que­sto dif­fi­ci­le anno pan­de­mi­co il rap­por­to con il mon­do ester­no, soprat­tut­to il rap­por­to con la natu­ra, spes­so vis­su­to da una fine­stra, è muta­to. Allo stes­so tem­po, le per­so­ne han­no tro­va­to nell’arte e nel­la cul­tu­ra un modo per eva­de­re traen­do gio­va­men­to, anche, per il benes­se­re psi­co­fi­si­co. Si è sen­ti­ta quin­di sem­pre di più l’esigenza di avvi­ci­nar­si a luo­ghi incon­ta­mi­na­ti che riu­scis­se­ro, pos­si­bil­men­te, a com­bi­na­re que­sti due aspetti.

In Tosca­na abbia­mo nume­ro­si esem­pi di “musei a cie­lo aper­to” e di arte ambien­ta­le, uno fra tut­ti “Il Giar­di­no dei Taroc­chi” a Pescia Fio­ren­ti­na, in pro­vin­cia di Grosseto.

Il giar­di­no è un luo­go magi­co idea­to dal­l’ar­ti­sta Niki de Saint Phal­le, pit­tri­ce e scul­tri­ce, ver­so la fine degli anni Set­tan­ta: enor­mi scul­tu­re colo­ra­tis­si­me e rico­per­te di mosai­ci in spec­chio, vetro pre­gia­to e cera­mi­che, raf­fi­gu­ran­ti i 22 arca­ni mag­gio­ri dei taroc­chi, “dia­lo­ga­no” per­fet­ta­men­te con la natu­ra e il pae­sag­gio col­li­na­re del­la Maremma.

Il visi­ta­to­re vie­ne por­ta­to in un mon­do oni­ri­co e sur­rea­le, gra­zie anche a cita­zio­ni, mes­sag­gi e pen­sie­ri che tro­via­mo duran­te il cam­mi­no. Fra le tan­te scul­tu­re, quel­la dal­la sto­ria più inso­li­ta è l’Impe­ra­tri­ce: sta­tua ciclo­pi­ca all’in­ter­no del­la qua­le Niki ha anche abi­ta­to per lun­ghi perio­di duran­te i lavori.

Ad ispi­ra­re que­sto par­co fu, non solo il “Parc Guell a Bar­cel­lo­na di Anto­nì Gau­dì ma anche “Il Par­co dei Mostri di Bomar­zo” a Viter­bo, altri­men­ti chia­ma­to “Sacro Bosco”. Il par­co è sta­to costrui­to pro­ba­bil­men­te nel­la secon­da metà del 500 dall’architetto Pir­ro Ligo­rio e com­mis­sio­na­to dal prin­ci­pe di Bomar­zo Pier Fran­ce­sco Orsi­ni, det­to Vici­no, che lo dedi­cò alla moglie. Il “Sacro Bosco” è ric­co di sta­tue e scul­tu­re in basal­to che raf­fi­gu­ra­no figu­re arca­ne, mito­lo­gi­che e sim­bo­li­che ma anche di spa­zi dove pos­sia­mo ammi­ra­re le “archi­tet­tu­re impos­si­bi­li” come ad esem­pio “la casa pen­den­te”, incli­na­ta per­chè costrui­ta sopra un mas­so non in asse. Il tut­to è per­fet­ta­men­te in sin­to­nia con la natu­ra cir­co­stan­te e sono da non per­de­re le sta­tu­te “Il Pega­so”, “L’elefante, la tor­re, la gui­da ed il legio­na­rio”, “La tar­ta­ru­ga, la don­na e la bale­na”, “l’Or­co, La tar­ta­ru­ga, la don­na e la bale­na” e “Net­tu­no, dio del mare”.

In Tosca­na, a Pie­va­scia­ta a 10 km da Sie­na, “Il Par­co Scul­tu­re in Chian­ti” inau­gu­ra­to nel mag­gio 2004 e idea­to da Pie­ro e Rosal­ba Gia­dros­si, si esten­de per 1 km nel bosco di quer­ce e lec­ci. Le ope­re di arte con­tem­po­ra­nea pro­ven­go­no da diver­si arti­sti inter­na­zio­na­li che sono sta­ti chia­ma­ti per ispi­rar­si all’ambiente natu­ra­le cir­co­stan­te, in modo tale da crea­re una per­fet­ta inte­ra­zio­ne e inte­gra­zio­ne tra le loro ope­re d’arte e la natu­ra. I mate­ria­li uti­liz­za­ti per le ope­re varia­no da quel­li più tra­di­zio­na­li come il mar­mo e il gra­ni­to, a quel­li più moder­ni come il ple­xi­glass, le luci al neon o, addi­rit­tu­ra, il suo­no. L’opera “Labi­rin­to”, dell’inglese Jeff Saward, è una del­le instal­la­zio­ni inte­rat­ti­ve più cono­sciu­te, dove il visi­ta­to­re può entra­re e per­cor­re­re inte­ra­men­te que­sto “labi­rin­to di vetro”.

Un par­co arti­sti­co, for­se meno cono­sciu­to in Tosca­na, ma non per que­sto meno inte­res­san­te, è “Viag­gio di Ritor­no” di Rodol­fo Lac­qua­ni­ti, bio-archi­tet­to, arti­sta idea­to­re e rea­liz­za­to­re. In que­sto luo­go oni­ri­co, inse­ri­to all’in­ter­no del­lo spa­zio natu­ra­le del­l’a­gri­tu­ri­smo “Pode­re Il Lec­cio” a Buria­no (Casti­glio­ne del­la Pesca­ia), rici­cla­re rifiu­ti è un’opera d’arte: le ope­re ven­go­no rea­liz­za­te con mate­ria­li di recu­pe­ro o di scar­to e assu­mo­no nuo­vo valo­re, data l’esigenza dell’artista di oppor­si a colo­ro che riten­go­no uti­le solo ciò che è inse­ri­to all’interno del pro­ces­so pro­dut­ti­vo di con­su­mo. Ma il par­co non è solo que­sto e può anzi esse­re con­si­de­ra­to un con­te­ni­to­re di espe­rien­ze mul­ti­cul­tu­ra­li e arti­sti­che: ven­go­no infat­ti orga­niz­za­ti even­ti, instal­la­zio­ni, mostre foto­gra­fi­che e per­for­man­ce live di musi­ca, arte o poe­sia, dove il pub­bli­co può inte­ra­gi­re e con­tri­bui­re in manie­ra attiva.

Il 26 giu­gno è sta­to inve­ce inau­gu­ra­to il nuo­vo par­co archeo­lo­gi­co “Par­co archeo natu­ra di Fia­vè”, un pic­co­lo comu­ne in pro­vin­cia di Tren­to, all’interno del­la Riser­va Natu­ra­le di Fia­vè-Care­ra, patri­mo­nio mon­dia­le Une­sco. Si trat­ta di una ristrut­tu­ra­zio­ne del­le anti­che costru­zio­ni pala­fit­ti­co­le abi­ta­ti­ve sull’acqua che por­ta­no il visi­ta­to­re ad attra­ver­sa­re un pae­sag­gio ric­co di memo­ria, archeo­lo­gia, sto­ria e natu­ra e a rivi­ve­re le abi­tu­di­ni dei popo­li pre­i­sto­ri­ci che abi­ta­va­no il luo­go e il loro inge­gno tec­ni­co. Il per­cor­so di visi­ta è sta­to affian­ca­to da pan­nel­li infor­ma­ti­vi, fil­ma­ti e tec­no­lo­gie multimediali.

In Ver­si­lia, spin­ti dal­l’im­pos­si­bi­li­tà di aver potu­to orga­niz­za­re festi­val o even­ti arti­sti­ci in que­sto anno di pan­de­mia, l’associazione Cibart di Sera­vez­za, di cui l’artista Mat­teo Mar­chet­ti è il pre­si­den­te, ha pen­sa­to di ripro­por­re il loro for­mat in un per­cor­so dove natu­ra e arte entra­no in sim­bio­si fra loro. La ras­se­gna di arte e cibo che da qual­che anno ha ani­ma­to il cuo­re del­la cit­ta­di­na in pro­vin­cia di Luc­ca, tra­sfor­me­rà il reti­co­lo del­le sto­ri­che Mulat­tie­re apua­ne del cir­cui­to SAV (Sen­tie­ro Alta Ver­si­lia) in una “galleria/sen­tie­ro dell’arte a cie­lo aper­to” che ver­rà inau­gu­ra­to il 25 luglio e reste­rà visi­bi­le fino al 31 di otto­bre. Saran­no coin­vol­ti nume­ro­si arti­sti che pro­por­ran­no scul­tu­re in mar­mo, in fer­ro, in legno o in pla­sti­ca ma anche ope­re di foto­gra­fia, pit­tu­ra e altre arti visi­ve. Le ope­re saran­no dislo­ca­te nel per­cor­so in un per­fet­to con­nu­bio fra arte, natu­ra, crea­ti­vi­tà e sostenibilità.

A Livor­no abbia­mo un esem­pio di con­nu­bio Arte e Natu­ra con il PAC180, Par­co di Arte Con­tem­po­ra­nea, pro­get­to arti­sti­co e cul­tu­ra­le lega­to però al con­cet­to dell’abitare un luo­go di cura: il Cen­tro Resi­den­zia­le Fran­co Basa­glia di Livor­no. Il Pac è gesti­to dal Ate­lier ABC (Ate­lier Blu Cam­mel­lo), nato nel cen­tro Basa­glia, il cui diret­to­re arti­sti­co è Ric­car­do Bar­gel­li­ni, con l’intento di dare la pos­si­bi­li­tà ad alcu­ni “resi­den­ti” di par­te­ci­pa­re a par­ti­co­la­ri atti­vi­tà che svi­lup­pi­no il loro poten­zia­le arti­sti­co e crea­ti­vo. Le pare­ti del cen­tro resi­den­zia­le e il suo par­co sono sta­te infat­ti rico­per­te da graf­fi­ti, car­tel­li, scul­tu­re e tan­to altro. Ogni anno nel pri­mo week-end di luglio si orga­niz­za­no le “Sera­te Illu­mi­na­te”, mani­fe­sta­zio­ne di due gior­ni dove arti­sti nazio­na­li e inter­na­zio­na­li, musi­ci­sti, per­for­mers e poe­ti sono coin­vol­ti in stret­to con­tat­to con i pazien­ti psi­chia­tri­ci e il pubblico.

Fino al pros­si­mo 25 Luglio sarà inve­ce pos­si­bi­le visi­ta­re a Roma “Back to Natu­re. Arte con­tem­po­ra­nea a Vil­la Bor­ghe­se”, a cura del­lo sto­ri­co dell’arte e cri­ti­co Costan­ti­no D’Orazio. Vil­la Bor­ghe­se diven­ta un museo a cie­lo aper­to, un festi­val e una mostra nel­la qua­le il pub­bli­co può inte­ra­gi­re con le ope­re instal­la­te che riflet­to­no lo stret­to con­nu­bio Uomo-Natu­ra. Sono pre­sen­ti arti­sti di fama inter­na­zio­na­le come Loris Cec­chi­ni, Lean­dro Erlich, Giu­sep­pe Gal­lo, Mar­zia Miglio­ra, Miche­lan­ge­lo Pisto­let­to, Pie­tro Ruf­fo, Mari­nel­la Sena­to­re e l’Accademia di Arac­ne. “Assem­bly” di Sena­to­re, per esem­pio, rap­pre­sen­ta una peda­na appo­si­ta­men­te instal­la­ta per acco­glie­re per­for­man­ce ma anche azio­ni da par­te del pubblico.

Arte e Natu­ra, un con­nu­bio vin­cen­te dove l’arte diven­ta natu­ra e la natu­ra diven­ta arte.


Testo di Caro­li­na Trotta

Da strutture abbandonate a nuovi spazi d’arte 

cecco ragni

Esi­sto­no luo­ghi magi­ci e abban­do­na­ti, par­ti inte­gran­ti del­la memo­ria e dell’identità di una cit­tà che sareb­be­ro sta­ti dimen­ti­ca­ti se non fos­se­ro sta­ti attua­ti inter­ven­ti di riqua­li­fi­ca­zio­ne e rige­ne­ra­zio­ne urba­na. Que­sti luo­ghi diven­ta­no spa­zi d’arte dove la cul­tu­ra por­ta ad una nuo­va rinascita.

È sta­to inau­gu­ra­to il 5 giu­gno 2021 il nuo­vo Spa­zio Ber­len­dis pres­so il vec­chio “sque­ro” di Vene­zia in Rio dei Men­di­can­ti: una ex fale­gna­me­ria uti­liz­za­ta per la costru­zio­ne e manu­ten­zio­ne di bar­che in legno è diven­ta­ta un nuo­vo polo espo­si­ti­vo del­la cit­tà, capa­ce di coniu­ga­re iden­ti­tà sto­ri­ca e arte con­tem­po­ra­nea. Il pro­get­to di Ema­nue­la Fadal­tiMatil­de Caden­ti nasce dall’esigenza di ren­de­re la cul­tu­ra e l’arte acces­si­bi­li e inse­rir­le nel cuo­re del­la cit­tà. Le espo­si­zio­ni in cit­tà sono soli­ta­men­te affi­da­te ai padi­glio­ni del­la Bien­na­le di Vene­zia che pur­trop­po pre­ve­de una serie di vin­co­li nell’utilizzare gli spa­zi pre­sti­gio­si di rife­ri­men­to. Lo Spa­zio Ber­len­dis (300 mq di super­fi­cie e 250 mq di pare­ti espo­si­ti­ve) diven­ta così una “sca­to­la magi­ca” dove si sus­se­guo­no mostre d’arte, pro­du­zio­ne di film, com­po­si­to­ri, arti­sti, atto­ri e scrit­to­ri ma anche luo­go di idea­zio­ne e orga­niz­za­zio­ne di even­ti con col­la­bo­ra­zio­ni arti­sti­che nazio­na­li e internazionali.

Il vec­chio sque­ro, uno dei sim­bo­li del lavo­ro del­la cit­tà, diven­ta ades­so luo­go di crea­ti­vi­tà e di iden­ti­tà cul­tu­ra­le alla por­ta­ta di tut­ti

Un altro esem­pio di recen­te recu­pe­ro di uno spa­zio abban­do­na­to e ripor­ta­to alla luce per l’intera cit­tà è “L’Approdo”. Sul lun­go­ma­re di Por­to San Gior­gio, nel­le Mar­che, una vec­chia rimes­sa di pesca­to­ri diven­ta­ta poi pun­to di ven­di­ta di coz­ze, è ades­so una resi­den­za d’arte e pun­to di rife­ri­men­to cul­tu­ra­le e arti­sti­co, capa­ce di ren­de­re il por­to un luo­go ric­co di fer­men­to e ben inse­ri­to all’interno del­le dina­mi­che turi­sti­che e ter­ri­to­ria­li. Il pro­get­to appar­tie­ne all’associazione d’arte con­tem­po­ra­nea Karus­sell che si è pro­di­ga­ta per valo­riz­za­re il ter­ri­to­rio attra­ver­so arte e cul­tu­ra con un ric­co calen­da­rio di even­ti (con­cer­ti, pro­ie­zio­ni cine­ma­to­gra­fi­che, mostre foto­gra­fi­che e incon­tri cul­tu­ra­li) ma soprat­tut­to per soste­ne­re gli arti­sti emer­gen­ti coin­vol­ti, che pos­so­no così sfrut­ta­re uno spa­zio espo­si­ti­vo (con fine­stre a vetri) visi­bi­le a tutti.

Più cono­sciu­ta è l’“Edi­co­la Radetz­ky” di Mila­no, un chio­schet­to in sti­le liber­ty di fer­ro e vetro uni­co nel suo gene­re. A segui­to del pro­ces­so di riqua­li­fi­ca­zio­ne del­la Dar­se­na, que­sta strut­tu­ra è sta­ta affi­da­ta al “Pro­get­to cit­tà idea­le” che l’ha restau­ra­ta e suc­ces­si­va­men­te tra­sfor­ma­ta dal 2016 in spa­zio arti­sti­co-cul­tu­ra­le, con lo sco­po di pro­muo­ve­re arti­sti emer­gen­ti e inno­va­ti­vi sot­to gli occhi di tut­ti, gra­zie alla strut­tu­ra a vetri.

Vale la pena di cita­re un esem­pio curio­so e par­ti­co­lar­men­te accat­ti­van­te di uno spa­zio che, gra­zie ad un’operazione di cro­w­d­fun­ding, sta ulti­man­do la sua ristrut­tu­ra­zio­ne. Si trat­ta del MUDI, museo DIsco­cra­ti­co, il pri­mo museo ita­lia­no den­tro una disco­te­ca, nel­lo spe­ci­fi­co, il Coco­ri­cò di Riccione.

Il tem­pio del­la musi­ca tech­no e all’avanguardia degli anni Novan­ta, chiu­so dal 2019, è sem­pre sta­to fre­quen­ta­to da per­so­nag­gi del mon­do dell’arte, del­la cul­tu­ra e del­la musi­ca e ades­so è sta­to pre­so in mano dal col­let­ti­vo arti­sti­co “Unfol­low Adver­ti­sing”. L’idea è quel­la di ripro­por­re le leg­gen­da­rie sera­te musi­ca­li in con­co­mi­tan­za di un ric­co calen­da­rio di mostre tra scul­to­ri, pit­to­ri, foto­gra­fi e videoar­ti­sti, musi­ca dal vivo, per­for­man­ce tea­tra­li e pro­ie­zio­ni cine­ma­to­gra­fi­che. Lo sco­po è quel­lo di valo­riz­za­re il ter­ri­to­rio ed i gio­va­ni talen­ti ita­lia­ni crean­do un pun­to di aggre­ga­zio­ne, non solo per i ragaz­zi più gio­va­ni ma anche per gli adul­ti, fino ad arri­va­re ad un pub­bli­co sem­pre più ampio attra­ver­so l’organizzazione di even­ti diur­ni. Il Museo sarà anche lan­cia­to in for­ma digi­ta­le gra­zie all’utilizzo del­le nuo­ve tec­no­lo­gie (3d, Nft Art, VR,ecc..) e sarà quin­di frui­bi­le in toto ovun­que tra­mi­te tablet, pc o smartphone.

Un esem­pio tosca­no di una strut­tu­ra inse­ri­ta in un pro­get­to di riqua­li­fi­ca­zio­ne urba­na è l’Ex Mani­fat­tu­ra Tabac­chi a Firen­ze, diven­ta­ta nuo­vo polo di arte e moda: è pre­vi­sto il recu­pe­ro, entro il 2026, del­la vec­chia area indu­stria­le com­po­sta da 16 edi­fi­ci ed este­sa per 111.000 mq. La Mani­fat­tu­ra, ex con­ven­to distrut­to dagli spa­gno­li, nasce nel­la secon­da metà del 700 e ver­so la fine dell’800 rag­giun­ge il suo mas­si­mo pic­co di pro­dut­ti­vi­tà nel­la lavo­ra­zio­ne di tabac­co fino alla sua chiu­su­ra nel 2001. Dal 2018 alcu­ni spa­zi sono sta­ti adi­bi­ti a spa­zi d’artista, ini­zia­ti­ve cul­tu­ra­li, arti­sti­che, scien­ti­fi­che, ricrea­ti­ve e di volon­ta­ria­to; con il nuo­vo can­tie­re, entro il set­tem­bre 2022, l’in­te­ra Mani­fat­tu­ra diven­te­rà un quar­tie­re inno­va­ti­vo e pro­dut­ti­vo, mul­ti­cul­tu­ra­le, mul­ti­di­sci­pli­na­re e acces­si­bi­le a tut­ti. Il nuo­vo com­ples­so avrà un respi­ro inter­na­zio­na­le e soste­ni­bi­le e per­met­te­rà a Firen­ze di entra­re in una dimen­sio­ne più “moder­na” e di apri­re le por­te al con­tem­po­ra­neo e alla spe­ri­men­ta­zio­ne: cul­tu­ra, desi­gn, moda, arte e arti­gia­na­to faran­no par­te di un com­ples­so che si distin­gue­rà per la novi­tà dei con­te­nu­ti, ponen­do par­ti­co­la­re atten­zio­ne alla soste­ni­bi­li­tà ambien­ta­le e sociale.

Anche nel­la nostra cit­tà, Livor­no, esi­ste uno spa­zio che è sta­to riqua­li­fi­ca­to e che è diven­ta­to luo­go di ini­zia­ti­ve cul­tu­ra­li e mostre con­tem­po­ra­nee inno­va­ti­ve: la chie­sa, ormai scon­sa­cra­ta, del­l’As­sun­zio­ne del­la Ver­gi­ne e di San Giu­sep­pe, più nota come Chie­sa del Luo­go Pio. Dal 2013 è sta­ta inse­ri­ta nel pro­get­to del com­ples­so musea­le “Museo del­la Cit­tà di Livor­no”, che ha sede pres­so gli adia­cen­ti bot­ti­ni dell’Olio e che è sta­to inau­gu­ra­to nel 2018.Negli inter­ni baroc­chi del­la chie­sa scon­sa­cra­ta è sta­ta inse­ri­ta una col­le­zio­ne per­ma­nen­te d’arte con­tem­po­ra­nea, che ospi­ta dipin­ti e scul­tu­re di arti­sti ita­lia­ni famo­si a livel­lo inter­na­zio­na­le, tra i qua­li Gior­gio Grif­fa, Pie­ro Man­zo­ni e Pino Pasca­li con “Il gran­de rettile”.

Tut­ti esem­pi que­sti di inter­ven­ti di recu­pe­ro e riqua­li­fi­ca­zio­ne urba­na di spa­zi e strut­tu­re che pren­do­no nuo­va vita e diven­ta­no sim­bo­lo di iden­ti­tà col­let­ti­va di un territorio.


Testo di Caro­li­na Trotta
Nell’immagine l’installazione “Com­pas­sio­ne” di Cec­co Ragni ha crea­to per la Chie­sa del Luo­go Pio a Livor­no nel 2010.

Foto di E. Panattoni

Turismo sostenibile e cultura diffusa

Turismo sostenibile

Nel perio­do sto­ri­co che stia­mo viven­do, dove la pan­de­mia Covid-19 ha por­ta­to mol­te per­so­ne a sen­ti­re sem­pre di più la neces­si­tà di esse­re ras­si­cu­ra­te, i con­cet­ti di eti­ca e soste­ni­bi­li­tà sono sem­pre più pre­sen­ti, così come quel­li di benes­se­re e salute.
Anche in ambi­to cul­tu­ra­le e turi­sti­co, è neces­sa­rio un net­to cam­bia­men­to di pro­spet­ti­va, in un’ot­ti­ca di respon­sa­bi­li­tà socia­le e acces­si­bi­li­tà, oltre che di soste­ni­bi­li­tà ambien­ta­le ed economica.
Stia­mo pas­san­do, già da tem­po ormai, da un “turi­smo velo­ce” ad un “turi­smo len­to”, respon­sa­bi­le e uma­ni­sti­co, capa­ce di svi­lup­pa­re nuo­ve pro­po­ste di valo­re per il nostro ter­ri­to­rio. Le per­so­ne sen­to­no sem­pre di più il biso­gno di rice­ve­re auten­ti­ci­tà da un luo­go, di cono­sce­re le sue sto­rie e di vive­re espe­rien­ze emo­zio­na­li e indimenticabili.
Lo “slow tou­ri­sm” per­met­te di vive­re il viag­gio in modo con­sa­pe­vo­le e soste­ni­bi­le, lon­ta­no dal­la fre­ne­sia di tut­ti i gior­ni, sti­mo­lan­do il turi­sta a rispet­ta­re il valo­re del patri­mo­nio ter­ri­to­ria­le e , allo stes­so tem­po, facen­do in modo che ne esca appa­ga­to e arric­chi­to, oltre che più rilas­sa­to e in pace con sé stesso.
Il turi­smo soste­ni­bi­le non è quin­di sol­tan­to il turi­smo “green” ma è lega­to anche a con­cet­ti qua­li la tute­la e la valo­riz­za­zio­ne del patri­mo­nio cul­tu­ra­le e del­le tra­di­zio­ni loca­li e per que­sto moti­vo è capa­ce di pro­muo­ve­re e aiu­ta­re non solo il ter­ri­to­rio ma anche l’in­te­ra comu­ni­tà (a par­ti­re dai pro­dot­ti agri­co­li a chi­lo­me­tro zero) e crea­re valo­re aggiun­to, iden­ti­tà e coe­sio­ne socia­le, oltre che soste­ni­bi­li­tà economica.
Lo Slow Tou­ri­sm pri­vi­le­gia mez­zi soste­ni­bi­li come il tre­no e la bici­clet­ta, che diven­ta­no par­te stes­sa dell’esperienza.
A Livor­no ne abbia­mo un bel­l’e­sem­pio con il for­mat “Cul­tu­ra a due ruo­te ” a cura di Coop.Itinera, con il patro­ci­nio del Comu­ne di Livor­no e in col­la­bo­ra­zio­ne con Gal­le­ria Uovo alla Pop. Un tour in bici­clet­ta alla sco­per­ta del­le mera­vi­glie ine­di­te di Livor­no, affron­tan­do temi sem­pre diver­si per pro­muo­ve­re il ter­ri­to­rio, pro­por­re un nuo­vo tipo di turi­smo di tipo soste­ni­bi­le e rilan­cia­re la cit­tà dal pun­to di vista cul­tu­ra­le e turi­sti­co. Que­st’an­no i per­cor­si saran­no arric­chi­ti dal­la pos­si­bi­li­tà di uti­liz­za­re la e‑bike, una spe­cia­le bici­clet­ta a peda­la­ta assistita.
In tut­ta Euro­pa ma anche in Ita­lia, sta pren­den­do sem­pre più pie­de l’u­ti­liz­zo di tre­ni e trat­te fer­ro­via­rie sto­ri­che, per spo­star­si in luo­ghi e ter­ri­to­ri inac­ces­si­bi­li e indi­men­ti­ca­bi­li, con lo sco­po di valo­riz­za­re il patri­mo­nio fer­ro­via­rio sto­ri­co nazio­na­le, il ter­ri­to­rio e il patri­mo­nio culturale.
In Tosca­na esi­ste la trat­ta “Tre­no Natu­ra ”, un tre­no turi­sti­co che attra­ver­sa la Val D’Or­cia , tute­la­ta dall’UNESCO come Patri­mo­nio Mon­dia­le dell’Umanità, con le sue car­roz­ze d’e­po­ca in legno e che si fer­ma in tut­te le pic­co­le sta­zio­ni sto­ri­che del territorio.
Un esem­pio inte­res­san­te e inno­va­ti­vo di que­st’e­sta­te è il “Tre­no Dan­te ”, pro­mos­so dal­la Regio­ne Emi­lia-Roma­gna, in occa­sio­ne del 700esimo anni­ver­sa­rio dal­la mor­te di Dan­te Ali­ghie­ri: un con­vo­glio sto­ri­co del­le Fer­ro­vie del­lo Sta­to viag­ge­rà da Firen­ze a Raven­na, attra­ver­san­do tut­ti i luo­ghi cari al poe­ta. Ci sarà inol­tre la pos­si­bi­li­tà di sog­gior­na­re nel­le strut­tu­re più carat­te­ri­sti­che del­la trat­ta, in un’ot­ti­ca di soste­ni­bi­li­tà territoriale.
Avre­te inol­tre sen­ti­to sem­pre di più par­la­re di “Alber­ghi Diffusi”e “Musei Dif­fu­si”: l’ot­ti­ca è la stes­sa. L’ “Alber­go Dif­fu­so può esse­re defi­ni­to “alber­go oriz­zon­ta­le”, con came­re e strut­tu­re col­lo­ca­te in edi­fi­ci diver­si ma vici­ni fra loro ed è par­ti­co­lar­men­te effi­ca­ce per pic­co­li bor­ghi e pae­si­ni di inte­res­se arti­sti­co e archi­tet­to­ni­co, in quan­to recu­pe­ra e valo­riz­za edi­fi­ci non uti­liz­za­ti o vec­chi ma anche inse­dia­men­ti rura­li o mon­ta­ni, evi­tan­do così l’im­pat­to ambien­ta­le deri­van­te dal­la costru­zio­ne di nuo­ve costru­zio­ni. Un’ uni­ca rete ricet­ti­va che offre pro­po­ste ori­gi­na­li, diver­se e per­so­na­liz­za­te (ci sono per esem­pio strut­tu­re a tema musicale,culturale, eno­ga­stro­no­mi­co, ecc..), con l’o­biet­ti­vo di garan­ti­re auten­ti­ci­tà e di sod­di­sfa­re i desi­de­ri di chiunque.
Il “Museo Dif­fu­so” si rea­liz­za là dove la sto­ria di un ter­ri­to­rio non può esse­re rac­con­ta­ta all’in­ter­no di quat­tro mura ed è neces­sa­rio crea­re per­cor­si cul­tu­ra­li a tema all’in­ter­no di una deter­mi­na­ta area geo­gra­fi­ca, con infor­ma­zio­ni aper­te e adat­ta­bi­li a più pubblici.
Non si par­la più di loca­li­tà spe­ci­fi­ca ma di “area” che por­ta iden­ti­tà al ter­ri­to­rio, lo valo­riz­za a livel­lo cul­tu­ra­le ed eco­no­mi­co e fa sen­ti­re la comu­ni­tà par­te inte­gran­te del “museo”, por­tan­do alla luce la sua sto­ria e tra­di­zio­ne. Il tut­to deve esse­re sup­por­ta­to da una comu­ni­ca­zio­ne e segna­la­zio­ne capa­ce di pro­muo­ve­re e crea­re , in manie­ra linea­re, un rac­con­to. Il turi­sta vive così un’e­spe­rien­za uni­ca e irri­pe­ti­bi­le ed è attrat­to da aree ter­ri­to­ria­li poco cono­sciu­te, ric­che di sto­rie da ascol­ta­re rac­con­ta­te dagli stes­si abi­tan­ti che diven­ta­no par­te atti­va del­la “nar­ra­zio­ne”, attra­ver­so per esem­pio incon­tri atti­vi­tà didat­ti­che, ecc…
Il Museo Dif­fu­so del­la Lusia­na”, per esem­pio, ha lo sco­po di tute­la­re e pro­muo­ve­re l’in­te­ra area comu­na­le, crean­do una rete fra le sei strut­tu­re musea­li più rile­van­ti: il Museo Palaz­zon, il Vil­lag­gio Pre­i­sto­ri­co del Mon­te Cor­gnon, la Val­le dei Muli­ni, l’area dimo­stra­ti­va Labio­lo sul­le atti­vi­tà del bosco, il Giar­di­no Bota­ni­co Alpi­no del Mon­te Cor­no e il Par­co del Sojo.
IN LOCO”, il museo dif­fu­so dell’abbandono in Roma­gna, riu­ni­sce tut­ti i luo­ghi pri­va­ti e pub­bli­ci che rischie­reb­be­ro di esse­re dimen­ti­ca­ti, acco­mu­na­ti fra loro da uno sta­to di degra­do e abban­do­no. Attra­ver­so una map­pa­tu­ra, atti­va dal 2010, sono sta­ti crea­ti 7 iti­ne­ra­ri di viag­gio rivol­ti a esplo­ra­to­ri, archi­tet­ti, foto­gra­fi e a tut­ti colo­ro che si dimo­stri­no incu­rio­si­ti e affa­sci­na­ti da un modo nuo­vo e inso­li­to di cono­sce­re il ter­ri­to­rio emiliano.
In un’ot­ti­ca del tut­to nuo­va e moder­na si inse­ri­sco­no “ I Musei Digi­ta­li Dif­fu­si”, un por­ta­le e una app al ser­vi­zio di sto­ria, tra­di­zio­ne e cul­tu­ra del ter­ri­to­rio, che uti­liz­za tec­no­lo­gie avan­za­te web, mobi­le, real­tà aumen­ta­ta, tag di prossimità,ecc…per la pro­du­zio­ne di con­te­nu­ti. Le per­so­ne pos­so­no visi­ta­re un luo­go da qua­lun­que pun­to si tro­vi­no, attra­ver­so la pre­sen­za di una map­pa orga­niz­za­ta per pun­ti di inte­res­se e per tema­ti­che. In ambi­to musea­le, si crea­no per­cor­si didat­ti­co-sto­ri­ci per valo­riz­za­re e gene­ra­re archi­vi digi­ta­li per tut­ti i beni con­ser­va­ti all’in­ter­no del museo.
In altre paro­le: turi­smo, cul­tu­ra e musei DI tut­ti e acces­si­bi­li PER tutti.
Come ci ricor­da la rati­fi­ca del­la “Con­ven­zio­ne di Faro” del 23 set­tem­bre 2020, infat­ti, il patri­mo­nio cul­tu­ra­le è un dirit­to per tut­ti e un dove­re rispet­tar­lo. L’in­di­vi­duo ades­so è al cen­tro, le bar­rie­re socia­li devo­no esse­re abbat­tu­te e il con­cet­to di svi­lup­po soste­ni­bi­le è lega­to ad una nuo­va idea di benes­se­re che deve tene­re con­to del­la qua­li­tà del­la vita del­le persone.


Caro­li­na Trotta

La nuova didattica museale: un’esperienza attiva e multidisciplinare

Didattica Museale

Negli ulti­mi anni sono anda­ti crean­do­si sem­pre di più nuo­vi meto­di e nuo­vi approc­ci didat­ti­co-for­ma­ti­vi, non solo in ambi­to sco­la­sti­co ma anche all’interno di real­tà musea­li. In que­sto momen­to sto­ri­co, soprat­tut­to, è impor­tan­te inter­ro­gar­si sul ruo­lo del­la didat­ti­ca e sull’ uti­liz­zo di lin­guag­gi crea­ti­vi, di approc­ci mul­ti­di­sci­pli­na­ri e dell’importanza fun­zio­na­le del­le nuo­ve tecnologie.
In Tosca­na, e più esat­ta­men­te a Livor­no, è sta­ta crea­ta una vera e pro­pria scuo­la di Coding e Robo­ti­ca con obiet­ti­vi edu­ca­ti­vi, chia­ma­ta “Robo­co­de” e rivol­ta non solo ai bam­bi­ni ma anche agli adul­ti. Lo sco­po è quel­lo di edu­ca­re al digi­ta­le con un appren­di­men­to diver­ten­te e di gio­co valo­riz­zan­do il nostro patri­mo­nio cul­tu­ra­le. Il tut­to avvie­ne uti­liz­zan­do, per esem­pio, pro­gram­mi come Mine­craft Edu­ca­tion Edi­tion, la robo­ti­ca edu­ca­ti­va di Lego WeDo, pic­co­li labo­ra­to­ri digi­ta­li e tan­to altro.
La meto­do­lo­gia didat­ti­ca uti­liz­za­ta è chia­ma­ta “Desi­gn Thin­king” e “Lear­ning by Doing”, per­chè è pro­prio gra­zie all’impa­ra­re facen­do e al pro­ces­so di atti­va­zio­ne del pen­sie­ro crea­ti­vo che si acqui­si­sce una mag­gior con­sa­pe­vo­lez­za del­le pro­prie capa­ci­tà per­so­na­li fino ad arri­va­re a una vera e pro­pria crescita.
Quest’anno l’associazione Robo­co­de sarà pre­sen­te all’interno del Cam­pus esti­vo mul­ti­di­sci­pli­na­re D’estate gio­can­do s’im­pa­ra (dal 14 giu­gno al 6 ago­sto), orga­niz­za­to dal Museo di Sto­ria Natu­ra­le del Medi­ter­ra­neo – Pro­vin­cia di Livor­no, in col­la­bo­ra­zio­ne con la Coo­pe­ra­ti­va Iti­ne­ra
Ma l’innovazione didat­ti­ca non avvie­ne solo in cam­po tec­no­lo­gi­co ed infat­ti i ter­mi­ni “Lear­ning by doing” (impa­ra­re facen­do) e “Edu­ca­tion Peer to Peer” (edu­ca­zio­ne tra pari) sono sem­pre più pre­sen­ti nel­la didat­ti­ca. Per fare un esem­pio pra­ti­co, il cam­pus esti­vo sopra cita­to, coin­vol­ge­rà i bam­bi­ni nel­la rea­liz­za­zio­ne di nuo­vi mate­ria­li didat­ti­ci per il museo e adot­te­rà una meto­do­lo­gia edu­ca­ti­va che affian­che­rà i bam­bi­ni più gran­di a quel­li più pic­co­li, in modo tale che que­sti ulti­mi ven­ga­no sup­por­ta­ti nel­le varie atti­vi­tà edu­ca­ti­ve, per faci­li­ta­re il loro inse­ri­men­to nel­le atti­vi­tà del cam­pus e i ragaz­zi acqui­si­sca­no mag­gio­re con­sa­pe­vo­lez­za del loro appren­di­men­to e il valo­re di tra­smet­te­re il sape­re ai più piccoli.
Anche con­cet­ti come “Gami­fi­ca­tion” e “Edu­tain­ment”, sono piut­to­sto nuo­vi e uni­sco­no intrat­te­ni­men­to e gio­co a fini didat­ti­ci, non solo all’interno di strut­tu­re didat­ti­che ma anche in ambi­to cul­tu­ra­le e sociale.
Tan­tis­si­mi sono gli esem­pi ma meri­ta par­ti­co­la­re atten­zio­ne il MAV (Museo Archeo­lo­gi­co Vir­tua­le), uno dei più impor­tan­ti cen­tri di cul­tu­ra e tec­no­lo­gia all’avanguardia per i Beni Cul­tu­ra­li e la Comu­ni­ca­zio­ne, a pochi pas­si dagli sca­vi archeo­lo­gi­ci di Erco­la­no. Si trat­ta di uno spa­zio didat­ti­co, cono­sci­ti­vo e inte­rat­ti­vo che fa rivi­ve­re il patri­mo­nio archeo­lo­gi­co di Erco­la­no attra­ver­so rico­stru­zio­ni sce­no­gra­fi­che, olo­gram­mi, video­map­ping e tec­no­lo­gie mul­ti­me­dia­li inte­rat­ti­ve all’a­van­guar­dia (3D,4D,5D, real­tà vir­tua­le e aumen­ta­ta, tou­ch­screen), espe­rien­ze sen­so­ria­li tat­ti­li, udi­ti­ve e olfat­ti­ve. Un per­cor­so pen­sa­to per tut­ti i tipi di tar­get e che offre chia­vi di let­tu­ra differenti.
Un altro pro­get­to che vale la pena di men­zio­na­re è P.Arch – Play­ground per archi­tet­ti di comu­ni­tà. Lo sco­po di P.Arch è quel­lo di sen­si­bi­liz­za­re bam­bi­ni e ragaz­zi di alcu­ne clas­si del­le cit­tà di Fava­ra, Roma e Paler­mo, sui temi del­la rige­ne­ra­zio­ne urba­na con l’obiettivo di crea­re una for­te rete tra scuola/territorio che por­ti a rin­no­va­re il quar­tie­re (poco valo­riz­za­to e degra­da­to) e ad edu­ca­re i bam­bi­ni attra­ver­so labo­ra­to­ri e pro­get­ti crea­ti­vi. Il meto­do prin­ci­pa­le uti­liz­za­to è: impa­ra­re gio­can­do, gio­co e diver­ti­men­to ai fini dell’apprendimento. Il tut­to avvie­ne attra­ver­so model­li didat­ti­ci spe­ri­men­ta­li come lo Sto­ry­tel­ling Ter­ri­to­ria­le (labo­ra­to­rio affi­da­to a Mel­ting­Pro) dove i bam­bi­ni diven­ta­no loro stes­si gui­de turi­sti­che e pro­pon­go­no i loro “luo­ghi del cuo­re”, e il Gami­fi­ca­tion Urba­no (labo­ra­to­rio affi­da­to a Tuo­Mu­seo) dove i video­gio­chi aiu­ta­no a rico­strui­re le zone abitate.
Un approc­cio del tut­to dif­fe­ren­te per­ché lega­to a una comu­ni­ca­zio­ne di tipo empa­ti­co ed emo­zio­na­le è adot­ta­to dal Museo Vene­to del Gio­cat­to­lo che ha idea­to un pro­get­to chia­ma­to “I Non­ni del Cuo­re”. Qui le per­so­ne anzia­ne rac­con­ta­no, attra­ver­so i gio­cat­to­li, una loro sto­ria e tra­smet­to­no una memo­ria che altri­men­ti andreb­be per­sa. I bam­bi­ni ven­go­no gui­da­ti alla sco­per­ta dei gio­cat­to­li del museo e sono chia­ma­ti a inte­ra­gi­re alle discus­sio­ni, sti­mo­lan­do nuo­vi pun­ti di vista, crea­ti­vi­tà e fan­ta­sia, fino alla pos­si­bi­li­tà di ripro­dur­re un nuo­vo gio­cat­to­lo che sarà costrui­to con mate­ria­li rici­cla­ti. In que­sto modo si tra­smet­te­rà ai ragaz­zi coscien­za eco­lo­gi­ca, por­tan­do­li a con­si­de­ra­re il mate­ria­le di scar­to come pos­si­bi­li­tà in più per crea­re nuo­ve occa­sio­ni di gioco.
Tut­ti que­sti esem­pi pon­go­no la per­so­na (bam­bi­no o adul­to che sia) al cen­tro di nuo­ve espe­rien­ze didat­ti­che di tipo inte­rat­ti­vo ed emo­zio­na­le, nel­le qua­li è fon­da­men­ta­le con­di­vi­de­re e pro­muo­ve­re i valo­ri cul­tu­ra­li dei luo­ghi, crea­re una rete ter­ri­to­ria­le atti­va e coin­vol­gen­te e valo­riz­za­re l’aspetto emo­ti­vo che raf­for­za le rela­zio­ni tra le per­so­ne e l’ambiente in cui sono inse­ri­te. Così facen­do bam­bi­ni e adul­ti saran­no par­te atti­va del­la pro­mo­zio­ne ter­ri­to­ria­le o musea­le come sog­get­ti con­sa­pe­vo­li e coin­vol­ti, arric­chen­do, non solo il loro baga­glio attra­ver­so il gio­co e il diver­ti­men­to ma anche appor­tan­do valo­re aggiun­to al ter­ri­to­rio o al museo di cui han­no pre­so par­te atti­va­men­te come crea­to­ri e non sol­tan­to come fruitori.
Didat­ti­ca e dina­mi­che cul­tu­ra­li si sono, in altre paro­le, ade­gua­te ai tempi.


Caro­li­na Trot­ta & Ila­ria Belloni

Arte e Cultura le chiavi della Riqualificazione Urbana

arte e cultura

Il pic­co­lo bor­go sici­lia­no di Fava­ra, che dal 2010 ha visto nasce­re il cen­tro cul­tu­ra­le indi­pen­den­te Farm Cul­tu­ral Park, si è aggiu­di­ca­to il pre­mio Human City Desi­gn Awards di Seoul. Fava­ra è diven­ta­to negli anni un impor­tan­te pun­to di rife­ri­men­to per il mon­do cul­tu­ra­le con­tem­po­ra­neo e sim­bo­lo di riqua­li­fi­ca­zio­ne urba­na e rina­sci­ta: un vero e pro­prio museo di arte con­tem­po­ra­nea all’a­per­to. I pro­get­ti del­lo Human City Desi­gn Awards riguar­da­no temi e con­cet­ti lega­ti alla soste­ni­bi­li­tà, alla respon­sa­bi­li­tà ambien­ta­le, socia­le e alla cul­tu­ra come solu­zio­ne per incre­men­ta­re la qua­li­tà e il benes­se­re del­la vita.
Un esem­pio poco cono­sciu­to di riqua­li­fi­ca­zio­ne urba­na in Tosca­na è il pic­co­lo pae­si­no di Ghiz­za­no in pro­vin­cia di Pisa che ha visto la pro­pria rina­sci­ta gra­zie alla col­la­bo­ra­zio­ne tra arti­sti, cura­to­ri, isti­tu­zio­ni e abi­tan­ti del luo­go. Non tut­ti san­no, infat­ti, che que­sto bor­go è diven­ta­to un museo d’ar­te a cie­lo aper­to ad ope­ra di tre arti­sti inter­na­zio­na­li: Ali­c­ja Kwa­de, David Trem­lett e Patrick Tut­to­fuo­co. Gli arti­sti e i cit­ta­di­ni sono sta­ti chia­ma­ti a par­te­ci­pa­re a que­sto gran­de pro­get­to di rige­ne­ra­zio­ne cul­tu­ra­le attra­ver­so la crea­zio­ne e l’installazione di scul­tu­re, wall dra­wings e affreschi.
Dal­l’u­nio­ne tra il Comu­ne di Mon­te­var­chi e Moa­con­cept, brand di snea­kers e street appa­rel, è nato un recen­tis­si­mo pro­get­to di riqua­li­fi­ca­zio­ne urba­na in Tosca­na: Moa­con­cept Tri­bu­te. In que­sto caso sono sta­ti coin­vol­ti Street Artists inter­na­zio­na­li ed emer­gen­ti con lo sco­po di miglio­ra­re le zone del­la cit­tà più abban­do­na­te e tra­scu­ra­te, e con l’intento di uti­liz­za­re l’ar­te come mez­zo di comu­ni­ca­zio­ne di mes­sag­gi socia­li, qua­li l’e­man­ci­pa­zio­ne e la rivi­ta­liz­za­zio­ne ambien­ta­le. La volon­tà è quel­la di crea­re una com­mu­ni­ty di cit­ta­di­ni, soprat­tut­to tra i più gio­va­ni, che si pos­sa­no sen­ti­re par­te inte­gran­te del­la socie­tà: la cul­tu­ra come sim­bo­lo di aggre­ga­zio­ne e svi­lup­po sociale.


Caro­li­na Trot­ta & Ila­ria Belloni